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Il delitto di via dell'orsina

di E. Labiche

Portato in scena dalla compagnia teatrale "Nuova Compagnia Teatrale"

Una delle commedie più celebri del grande Labiche: due
uomini si risvegliano nello stesso letto senza ricordare nulla
della notte precedente. Dai giornali apprendono della morte
di una giovane ragazza, e si convincono d’esser stati loro a
commettere l’omicidio. Vaudeville e commedia nera
s’intrecciano e divertono lo spettatore con continui colpi di
scena in questo grande classico della risata senza tempo.



L'uomo dal fiore in bocca e La patente

di L. Pirandello

Portato in scena dalla compagnia teatrale "Nuova Compagnia Teatrale"

L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA  Atto unico di Luigi Pirandello
Rappresenta, nella drammaturgia pirandelliana, uno dei momenti più alti. Innanzitutto, per la
pregnanza di significato che emerge da una vicenda di assoluta semplicità e limpidezza. Tale
vicenda si dipana attraverso il breve dialogo di due soli personaggi, l’Uomo dal fiore in bocca
appunto, e il distinto signore, l’Avventore, che il primo incontra. Incalzato dalle domande
dell’Uomo, l’Avventore confessa il proprio fastidio nei confronti della moglie e della figlia che lo
caricano di incombenze e lo trascinano nella pratica noiosa delle spese e nella disbriga quotidiana di
affari poco importanti. L’Uomo risponde allora con una minuziosa descrizione di quegli stessi
avvenimenti in cui è fastidiosamente coinvolto l’Avventore e rivelando a costui a poco a poco tutta
la necessaria importanza che quelle piccole cose tornano a possedere per chi, come l’Uomo, è
avviato in breve alla tragica conclusione della propria vita e ne è consapevole. Quel “fiore in
bocca”, infatti, significa morte, dolorosa fine dell’esistenza. Ciò che contraddistingue l’atto unico è,
ancor più della contrapposizione “vita – morte”, la contrastante dinamica dialettica tra “vivere e
sopravvivere”; meglio, tra un vivere apparente (l’Avventore) che è, in realtà, un sopravvivere agli
eventi, un quotidiano “campare”, un “tirare avanti” fra minimi fastidi ed irritante quotidianità, e un
apparente sopravvivere (l’Uomo), che è in realtà un vivere (o un tentativo di vivere) pienamente,
disperatamente aggrappandosi proprio a quei fastidi, a quella quotidianità, altrove ritenuta irritante,
ma che tale non viene considerata da chi sa coscientemente di perderla giorno dopo giorno. Dunque,
la morte e la consapevolezza della fine imminente illuminano il valore della vita, riscoperta nei
dettagli senza senso, nelle pieghe degli affetti familiari, nel fluire incessante dei giorni e delle
abitudini che ad essi si accompagnano e a cui, solitamente, non attribuiamo “importanza”. E’
significativo che la più torturante e torturata pièce di Pirandello, la più tragica, non si svolga proprio
nella “stanza della tortura”, come ebbe a definirla Giovanni Macchia, le quattro pareti domestiche
in cui si consumano altre varie vicende pirandelliane più o meno drammatiche, e che, invece, essa si
sviluppi “all’aperto”, alla luce crepuscolare: forse perché lo scontro, il conflitto vero tra vita e
morte, tra realtà e apparenza, non può che generarsi in un “aperto” infinito, senza confini, senza
tempo.

LA PATENTE Atto unico di Luigi Pirandello. 
Rosario Chiàrchiaro è un disgraziato padre di famiglia cui è stato misteriosamente
attribuito il potere di jettatore. Bollato dalla società col marchio di menagramo, a
causa di questa nomea è costretto insieme con la moglie e le due figliole a vivere in
isolamento perdendo il posto di lavoro e riducendosi alla fame. Chiàrchiaro non si
piega e invece di negare l’infame calunnia fa ogni sforzo per convalidarla
convincendo il giudice D’Andrea che non solo la jella esiste, ma che lui è uno
jettatore autentico e vuole la patente a riconoscimento di questa sua particolare
professione. Egli infatti non può più guadagnarsi da vivere se non codificando la sua
fama di jettatore, facendosi riconoscere ufficialmente



L'uomo, la bestia e la virtù

di L. Pirandello

Portato in scena dalla compagnia teatrale "Nuova Compagnia Teatrale"

Commedia in due atti, tratta dalla novella !Richiamo all"obbligo” fu rappresentata per la prima volta

al Teatro Olimpia di Milano il 2 maggio 1919, e venne definita da Pirandello stesso una !farsa annegata

in tragedia”.

Si tratta di una satira graffiante dell"ipocrisia e del perbenismo borghese, molto attuale in un"epoca

come la nostra, in cui l"ipocrisia dilaga in tutti gli ambienti sociali.

La commedia narra la paradossale e grottesca situazione in cui viene a trovarsi l’integerrimo Professor

Paolino (l"Uomo) che ha una relazione con la !Virtuosa” Signora Perella, incinta del professore

di due mesi. Paolino si trova costretto, per salvare la reputazione, a indurre in tutti i modi il

Capitano Perella (la Bestia), di solito insensibile al fascino della moglie, a compiere il suo dovere

coniugale.

La vis comica pirandelliana porterà ad un susseguirsi di scene grottesche e tensione angosciosa fino

al raggiungimento dell"obiettivo dei due amanti.

Pirandello ci pone di fronte ad una situazione in cui il sentimento del contrario, definizione pirandelliana

dell"umorismo, rovescia la morale borghese: in questo triangolo amoroso, infatti, è l"amante

che cerca in tutti i modi di buttare la moglie tra le braccia del marito!

“Una satira tragica e atroce… Una maschera da trivio imposta ai voleri astratti, morali e religiosi

dell"umanità” come scrisse a quei tempi il critico Marco Praga.



Omicidio in salsa rosa

di E. Rapisarda

Portato in scena dalla compagnia teatrale "Nuova Compagnia Teatrale"

Si tratta di una commedia brillante in due atti, percorsa da una sottile vena di humor nero, che ritrae le tensioni e le frustrazioni di un "gruppo di famiglia in un interno" con momenti esilaranti che si susseguono in un alternarsi di scene a tratti grottesche, con colpi di scena e spunti narrativi che catturano lo spettatore come in un vero e proprio thriller.

Vanessa, attrice teatrale frustrata e depressa, si vede rifiutata dai registi a causa della sua non più giovane età e vive nel disperato tentativo di dimostrare prima di tutto a se stessa ma anche agli altri il suo talento artistico.

Il marito è invece un uomo di successo, scrittore di gialli che vengono spesso portati sul grande schermo. Affiancato dal suo produttore, sta realizzando un film tratto dal suo ultimo libro ed è alla ricerca di un attore famoso che dia lustro all’opera cinematografica.

Decide quindi di organizzare una cena a cui è invitato, oltre al produttore, un affascinante divo del cinema. Vanessa, da perfetta padrona di casa, dovrà organizzare la serata e la cena nella loro elegante casa. Ma una serie di variabili impazzite faranno irruzione in una serata che da tranquilla cena a sfondo professionale, si trasformerà in un avvicendarsi di eventi grotteschi, inganni, equivoci e malintesi in cui tutti fingono, tutti recitano come nel più classico teatro nel teatro condito da un pizzico di black comedy.



Un morto scomodo

di M. Nannelli

Portato in scena dalla compagnia teatrale "Ass. Culturale Teatreria"

"Un morto

scomodo" di Massimo Nannelli -

Tre atti comici in vernacolo

fiorentino

 

 

Sinossi: Uno scambio di persona in ospedale fa si che venga comunicato alla famiglia la scomparsa del loro caro, provocando liti sull'eredità del defunto tra la moglie e i figli. Ma sul più bello ecco che appare il congiunto, che viene scambiato per il suo fantasma e allora apriti cielo....



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