In una cittadina della Norvegia Nora e Torvald vivono apparentemente felici nella loro quotidianità
domestica: sono sposati da otto anni, si amano e amano i loro figli.
Tuttavia la giovane donna nasconde un segreto: come una moderna Antigone infatti, anche Nora in
passato ha anteposto la legge del cuore a quella dello Stato scavalcando regole e convenzioni pur di
salvare segretamente la vita al proprio marito.
Proprio quando l’esistenza della protagonista sembra procedere per il meglio, il passato piomba a
tormentarla sotto forma di ricatto. Nils Krogstad infatti, uomo giunto all’apice della disperazione,
cercherà di sfruttare a suo vantaggio il passato di Nora alla ricerca di quel riscatto sociale che la vita
stessa, il bisogno e la necessità gli hanno negato.
“Casa di bambola” è un’opera profondamente radicata nella realtà borghese, nelle sue meschinità
perfettamente incarnate dal marito di Nora, caratterizzato dal bisogno di rispettare a tutti i costi le
convenienze esteriori.
Egli è pronto a sacrificare i legami più autentici ed è incapace di comprendere la profondità del gesto
della moglie, che diviene la più iconica eroina ibseniana. Nora si trova all’improvviso faccia a
faccia con l’inautenticità del suo matrimonio, con la falsità del suo ruolo nella famiglia e con la vacuità
della sua esistenza.
L’autore con un brusco salto psicologico la trasforma da “bambola” inesperta e ingenua in donna
cosciente di sé e dei propri bisogni, pronta a cercare ad ogni costo una via di fuga lontano da quella
gabbia dorata che- prima il padre, poi il marito, infine la società- le avevano costruito incessantemente
attorno.
Il finale resta quasi aperto, poiché l’autore sceglie di lasciare al protagonista maschile e al pubblico
la speranza di un miracolo che consiste nel rinnegare i ruoli che la società ci impone: un profondo
cambiamento culturale e sociale in grado di abbattere l’incomunicabilità in cui viviamo e instaurare
un rapporto vero e autentico tra esseri umani.
L’unico peccato che non ammette perdono è infatti, secondo l’autore, rinnegare il proprio Io in una
colpevole rinuncia alla ricerca della propria identità.
Il dramma destò, come prevedibile, grande scalpore fra i contemporanei, e impose nell’immaginario
collettivo una figura femminile in grado di stravolgere e denunciare quegli equilibri borghesi corrotti,
basati sull’ipocrisia della forma e su una condizione subalterna della donna ormai intollerabile.